Escherichia coli nelle urine: cause, fattori di rischio, sintomi e cura

Escherichia coli nelle urine

L’Escherichia coli (spesso abbreviato in E. coli) è un batterio che si ritrova di molti mammiferi, tra i quali anche l’uomo. Si tratta, dunque, di un germe commensale, che vive in perfetto equilibrio con l’organismo che lo ospita. Infatti, non produce danni e contribuisce a garantire la corretta digestione dei cibi ingeriti. Tuttavia, in caso di alterazioni, E. coli può causare malattie ed alcuni ceppi, che vengono definiti uropatogeni, i quali posso generare infezioni delle vie urinarie.

Cause della contaminazione da Escherichia coli

La contaminazione da Escherichia coli nelle vie urinarie può avvenire in due modi:

  • per via endogena: in questo caso il batterio proviene dal tratto gastro-intestinale del paziente e contamina le urine tramite le feci. Tale modalità di trasmissione, che è la più comune, può verificarsi qualora l’igiene intima del contraente sia scarsa;
  • per via esogena: in questo caso l’E. coli proviene dall’esterno. Tale trasmissione, che è meno frequente, può verificarsi, ad esempio, in caso di rapporti sessuali non protetti.

In determinate circostanze, l’esame effettuato sulle urine può risultare falsamente positivo, e ciò può avvenire in caso di mal conservazione del campione o di una contaminazione avvenuta in laboratorio. Tale evenienza è piuttosto rara e può essere sfatata con un secondo esame delle urine.

Fattori di rischio

Nel caso dell’Escherichia coli vi sono alcuni fattori di rischio, che possono aumentare le probabilità di riscontrare il batterio nelle urine. Le donne sono maggiormente soggette a questo tipo di disturbo, ed in generale a contrarre infezioni urinarie. Questo perché l’uretra femminile è posizionata poco distante dall’ano ed è decisamente più corta di quella maschile. La risalita di tale microrganismo sino alla vescica e la sua trasmissione risulta, quindi, estremamente più semplice. Anche la gravidanza può portare ad un aumento delle possibilità di ritrovare l’E. coli nelle urine, poiché causa spesso la cistite, in quanto l’utero, appesantito dal feto, va a comprimere la vescica, generando la pollachiuria ed il ristagno di piccole quantità di urina, che permettono la proliferazione di diversi agenti patogeni, tra cui anche l’Escherichia coli. Un fattore di rischio è rappresentato anche dal diabete, poiché, quando i valori di glucosio nel sangue sono particolarmente elevati, tale sostanza comincia ad essere espulsa attraverso le urine. Il glucosio, essendo una incredibile fonte di nutrimento per i batteri, ne garantisce la crescita, che porta allo sviluppo di infezioni urinarie. Come già ricordato in precedenza, anche una scarsa igiene intima può favorire la presenza dell’E. coli, poiché permette il passaggio di tale batterio dall’intestino all’uretra. Infine, tra le cause scatenanti, rientrano anche il catetere urinario, il cui utilizzo prolungato nei pazienti alettati può portare allo sviluppo di tale microrganismo, nonché i rapporti sessuali non protetti.

Sintomi

La presenza dell’E. coli nelle urine, nella maggior parte dei casi, è asintomatica. Tuttavia, può causare cistiti, ovvero infezioni delle vesciche e, solo in circostanze rare, la sintomatologia può interessare anche altri organi, quali la prostata ed i reni.

Diagnosi e terapia

Per individuare la presenza di E. coli nelle urine utile è l’urinocoltura, che deve essere effettuata secondo regole precise, in modo che i risultati non siano falsati. Il paziente, prima dell’esame, deve detergere accuratamente i genitali esterni e non deve prendere antibiotici. L’urina per il campione deve essere raccolta al mattino in un contenitore sterile e deve, possibilmente, essere deprivata della parte iniziale e di quella finale del getto, in quanto quello che serve è il “mitto intermedio”. Il campione prelevato deve essere, inoltre, consegnato al laboratorio competente entro due ore dalla minzione. Il risultato è da reputare positivo se la conta batterica risulta essere superiore alle 1000 UFC (Unità Formanti Colonie). Nel caso in cui vengano isolati dei ceppi batterici, può esser effettuato un esame ulteriore, ovvero l’antibiogramma, che permette di valutare la resistenza di tali microrganismi a determinati antibiotici, così da selezionare la terapia migliore. Del resto, la cura deve essere stabilita in base al quadro clinico del soggetto affetto da E. coli. La più efficace per questo tipo di problematica consiste, tendenzialmente, nella somministrazione di antibiotici attivi a livello delle urine, come la Fosfomicina trometamolo, i Fluorochinoloni ed i Beta-lattamici.